“La sartoria di via Chiatamone” di Marinella Savino

Da oggi in libreria per Nutrimenti troverete La sartoria di via Chiatamone di Marinella Savino.

Il racconto di Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale è anche il racconto di Carolina, una donna che tra mille difficoltà riesce a tenere unita non solo la sua famiglia di sangue ma anche quella del cuore.

Trama

È il 5 maggio del 1938. I vicoli di Napoli sono gremiti di curiosi. In piazza del Plebiscito sventolano maestosi stendardi nazisti. Una folla elettrizzata attende l’arrivo della berlina reale su cui viaggia Hitler. Tra file di braccia sollevate in saluto romano e grida entusiastiche, Carolina è la sola a scorgere nella solennità di quella parata il preludio della catastrofe. Abile sarta, ricca d’inventiva, non indugia un secondo: un irriducibile attaccamento alla vita e un connaturato senso di libertà la guidano nell’obiettivo di proteggere quanto più possibile i suoi cari dalla fame e dalla devastazione preconizzate. Allora cuce, giorno e notte, e accumula con perseveranza, lira su lira, per comprare e stipare nella sua cantina immani quantità d’ogni genere commestibile. La sartoria, insieme alla cantina, si erge così ad arca della salvezza per la famiglia e gli amici che Carolina, non senza innumerevoli difficoltà, ospiterà sotto il suo tetto lungo gli estenuanti anni di guerra, fino alle quattro giornate di Napoli.

Stile e personaggi

Un romanzo molto breve focalizzato su Carolina: una donna che contro gli usi dell’epoca si sposò tardi, mise su la sua sartoria dando lavoro ad alcune donne del suo rione. È lei che in tempi non sospetti iniziò a riempire la cantina di scorte. Sempre lei a rimediare ai danni del marito, sempre lei a tenere la porta aperta a chi ha più bisogno. Una donna che fa di tutto per sopravvivere e far sopravvivere i suoi cari e che anche davanti alle disgrazie non si arrende, ma continua a lavorare senza sosta.

Sembra una storia tramandata da nonna a nipote, con quello stile che da la sensazione di casa. È una lettura piacevole che mostra qualcosa di più rispetto ai romanzi con gli stessi temi e ambientazioni ai quali siamo abituati. La vera novità di quest’opera è proprio Carolina che salva e non si fa salvare, che ama e non si fa amare, che perdona gli altri e mai se stessa e che anche in un periodo così tragico resta ligia ai suoi valori. Una donna con la “D” maiuscola.

Unica pecca a mio avviso di questo romanzo è il dialetto: se da una parte rende più verosimile la storia dall’altra è stato dato per scontato che chiunque potesse capirlo. Sarebbero state opportune delle note a piè di pagina per facilitare la lettura di tutti.

Conclusioni

Sicuramente un buon romanzo che racconta una donna vera, senza principi azzurri e streghe cattive. Un’opera che consiglierei nelle scuole: risulta perfino divertente in alcuni passaggi senza perdere la drammaticità delle situazioni che Carolina e il suo “clan” si ritrovano a dover affrontare.

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