La cattiveria come arma di difesa
Un articolo di #PilloleDiRiflessione un po’ diverso dal solito perchè si trova all’interno di un blog tour organizzato da Scaffali da riscrivere in collaborazione con Fandango libri per l’uscita di Cattiva di Myriam Gurba.
Vi lascio qui il link alla recensione del romanzo e le altre tappe del blog tour.
La cattiveria è un’arma di difesa?
Sì.
Quella di Myriam Gurba è una provocazione basata sul “tratta come vieni trattata”. La cattiveria è uno scudo che Myriam ha imparato ad indossare negli anni cercando così di non far avvicinare quegli uomini, quelle persone che volevano ferirla ancora.
La violenza e la cattiveria umana lei l’ha scoperta da piccola: le sue compagne avevano atteggiamenti razzisti verso di lei e verso tutte quelle altre ragazzine considerate “miste”: metà americane e metà messicane o altro.
Myriam Gurba scopre la cattiveria quando il suo compagno di banco inizia a molestarla sessualmente durante le ore di scuola e quando il professore sceglie di non vedere, di non fermare quell’atto.
Myriam Gurba è vittima della cattiveria quando viene violentata in pieno giorno da un uomo come tanti. Lì scopre che la cattiveria non si trova nel buio della notte bensì alla luce del sole.
Myriam scopre di non aver mai conosciuto veramente la cattiveria fino a quando non viene uccisa Sophia.
Con Sophia, vittima della stessa cattiveria, Myriam Gurba crea un rapporto di reciproco bisogno: Myriam ha bisogno di Sophia per andare oltre e Sophia ha bisogno di Myriam per continuare a vivere.
La cattiveria non è mai legittima, è un’arma. Ferisce. Fa vittime. Lascia i segni. Spesso però nessuno si rende conto di usarla, di ferire chi ha davanti creando solchi incolmabili.
Esiste poi la cattiveria volontaria.
Le violenze, quella di persone che sentono la necessità di ferire per affermare il loro potere. In natura nessun animale uccide o ferisce per puro piacere: lo fanno per difesa, per impressionare una femmina, per essere i capo branco. Non lo fanno mai però per puro piacere: nessun animale si nutre del dolore che infligge. Solo alcuni uomini.
L’uomo
L’uomo di cui Myriam Gurba e Sophia sono vittime è un predatore: finché non lo fermeranno continuerà la sua caccia. Violenterà. Mutilerà. Ucciderà. Si nutre del dolore che infligge. Un dolore che pochi uomini possono comprendere e lì entra in scena lo sguardo.
Lo sguardo
Lo sguardo di pena di pietà e di biasimo a volte. Spesso perché per istinto vogliamo un colpevole e quindi indirizziamo la nostra cattiveria, il nostro dolore verso oggetti: le gonne, i pantaloni rotti, i tatuaggi…tutte cose che possono ricoprire la colpa di una violenza.
La cattiveria
La cattiveria è umana, è un’arma.
La cattiveria va fermata.
Alla cattiveria si dovrebbe rispondere con la gentilezza? No. Alla cattiveria si risponde con la giustizia, alzando la voce e mettendo un punto definitivo.