Intervista a Giulia Ciarapica
Una volta è abbastanza non è solo una citazione di Mae West ma è anche il titolo del romanzo di esordio di Giulia Ciarapica in libreria per Rizzoli. Primo capitolo di una saga famigliare oggi insieme all’autrice parleremo del “suo bambino” come lo chiama affettuosamente lei sul suo profilo Instagram.
Giulia Ciarapica scrive su Il Messaggero e su Il Foglio oltre che ad essere l’esempio provato che la qualità e la passione si trovano anche nel temutissimo e attaccassimo mondo dei blogger.
Il tuo romanzo di esordio apre una saga composta da tre libri. Una saga famigliare e allo stesso tempo un ritratto storico italiano: quale è stata la grande difficoltà nella stesura?Senza fare troppi spoiler quanto c’è della tua famiglia, oltre al paese d’origine in quest’opera?
Moltissimo. Considera che la base di partenza è tutta vera. L’azienda, la famiglia, Valentino e Giuliana. Tutto vero. Ovviamente poi ci ho messo del mio, dopotutto, parliamo pur sempre di un romanzo. Io sono molto legata alla mia famiglia e alla sua storia: ho voluto in qualche modo raccontarla.
Quale è stato il personaggio che più ti ha messo in difficoltà nella stesura e quale invece è quello a cui sei più legata?
Il personaggio che mi ha messo più in difficoltà è Valentino, per un motivo forse assurdo ma certamente reale: Valentino è una persona retta, integra, che non scende a compromessi, leale fino al midollo. Insomma, salvo il fatto che gli piacciono le donne e si concede delle avventure extra coniugali che mandano in bestia Giuliana, è un personaggio più che positivo, senza ombre di sorta. Ecco, descrivere personaggi come lui mi mette in difficoltà, perché rendere la bellezza di una cosa compatta, senza sbavature, è sempre più difficile, almeno per me, che descrivere un animo in pena, con mille riflessi e centinaia di sfumature. Il personaggio a cui invece sono più legata è Annetta: mi rivedo molto in lei, nella sua forza, nella sua caparbietà e anche nella sue cieca ostinazione.
Come nasce la storia di questo romanzo e in quale momento ti sei resa conto che avevi l’esigenza di raccontarla?
Come ti dicevo, la storia del romanzo nasce dalla pura e semplice realtà dei fatti. Certo, non è mica un memoir, è comunque un romanzo, ma la base di partenza è ben agganciata alla vita vera. Cinque o sei anni fa non avrei potuto cimentarmi in un’impresa del genere, per due motivi: il primo è che non avevo ancora gli strumenti per poterlo fare, non ne ero in grado “tecnicamente” parlando. Il secondo, è che avrei prima dovuto superare due lutti importanti (che non si superano mai davvero, però…), e poi rendermi conto che avevo tantissimo materiale a disposizione per far rivivere il passato.
Quali sono state le fonti per il contesto storico e per le piccole botteghe, poi aziende, del settore calzaturiero che hai usato?
Innanzitutto mi sono stati di grande aiuto i manuali di storia che conservo dai tempi dell’università. Poi, sono un’appassionata di storia moderna e contemporanea, quindi avevo già un piccolo bagaglio culturale che – grazie a libri, film, musica, fotografie – si andava arricchendo di anno in anno. Ho consultato diversi articoli di giornale dell’epoca (da La voce adriatica a Il Resto del Carlino a Il Messaggero), e poi avevo la cosa più preziosa: i racconti minuziosi dei miei nonni e dei grandi vecchi del mio paese. Il patrimonio più importante.
Racconti sì una famiglia ma soprattutto, secondo me, le donne che si mettono in prima linea a lavorare, a creare e che vengono giudicate per questo. Soprattutto Annetta viene spesso presa di mira dalla mentalità del suo tempo. Mi piacerebbe una tua breve riflessione su quanto questo aspetto della nostra società sia effettivamente cambiato o, per te, noi donne subiamo ancora quei giudizi e quelle stesse etichette.
Una domanda da centomila punti. Beh, di sicuro Annetta è stata una donna “sui generis” per l’epoca, una donna che, come scrivo nel romanzo, sa essere anche uomo all’occorrenza. Per questo, come dici tu, viene “presa di mira” dalla mentalità del suo tempo, ma lei se ne frega e va per la sua strada, cosa che invece non fa Giuliana, succube del giudizio altrui. Le cose sono ovviamente cambiate, questo non possiamo negarlo, anche se non so fino a che punto, soprattutto per quanto concerne l’assetto mentale. È complicato sradicare la convinzione – tanto in certi uomini quanto in
certe donne – che “la donna debba fare solo la donna”. Tra l’altro, non ho mai capito cosa significhi “fare solo la donna”. Mettiamola così: ci stiamo ancora battendo contro chi, di fronte ad uno stupro o ad un qualsiasi tipo di violenza contro una donna, dice “se l’è cercata”.
Come è passare da blogger e giornalista che consiglia e recensisce libri a essere un’autrice? Come ti senti dall’altro lato?
Una sensazione stranissima! Tra l’altro, anche se di natura sono molto esuberante, per niente timida e abbastanza sfacciata, sono al contempo anche molto pudica quando si tratta di mostrare i sentimenti, il lato scoperto, il punto vivo, quello fragile insomma. E con la scrittura capita proprio questo, di dover mostrare il fianco debole. È molto bello ma è anche doloroso, a tratti: un dolore dolcissimo, avvolto da una sottile malinconia. Mi piace, ci sto bene dentro questo guscio.
Un augurio per te stessa e uno per tutti i lettori di My Po Blog
L’augurio è il medesimo, per me e per voi: non tradire mai se stessi perché siete la cosa più preziosa che avete, nonché l’unica persona con cui passerete il resto della vostra vita.