Intervista a Marco Magnone
Marco Magnone è in libreria con La mia estate Indaco (Mondadori). Esordio in solitaria per un autore che trasmette la passione con cui scrive, la gioia di scrivere per gli adolescenti di adolescenti senza renderli delle caricature. Un autore che li vuole accompagnare, come un amico più grande, attraverso quella che è l’età più incasinata ma bella che ci sia.
Marco Magnone: La simbologia della balena
Puoi spiegarmi la balena come simbolo nella tua storia e il suo collegamento con l’adolescenza?
Non ho voluto esplicitarla perchè da lettore mi piace che ci sia qualcosa di “aperto” su cui riflettere. Mi piaceva il cortocircuito che la balena crea: qualcosa di gigante, che fa paura, di mostruoso, ma in acqua è bellissima, leggera. Vive in acqua, ma non è un pesce, non ha confini. Mi piaceva l’idea di immaginare l’adolescenza come un’età pesante, ma leggera e ricca di cambiamenti. Come la balena l’adolescenza è un qualcosa di fuori posto. Nel bene o nel male sono tragedie o sogni unici.
Nella storia della letteratura la balena è sempre stato qualcosa che definiva l’uomo come sua antitesi, ma se qualche giovane lettore ritrovasse questo riferimento ne sarei felice.
Marco Magnone: tra Berlin e La mia estate indaco
In entrambe le storie racconti l’inizio dell’adolescenza, perchè?
Credo che quel momento della vita sia la parte più interessante: nel corso dell’adolescenza sei pieno di domande su di me, su chi sarei stato. È tutto estremizzato: la fine del primo amore è una tragedia unica.
Sulla base di quelle risposte, di quelle vicende diventerai la persona che sarei. Partendo da questo presupposto io credo che noi stiamo assistendo a un progressivo abbassarsi delle esperienze di vita che si affrontano. Tante cose che magari prima si facevano a 16-17 anni ora si fanno a 12-13. Iniziano le domande e hanno bisogno di risposte.
Per chi fa il mio lavoro è entusiasmante parlare di quel passaggio lì: quando smetti di essere un bambino e smetti di farti andare bene le regole degli adulti ma ti ribelli.
Marco Magnone: i personaggi
Quale è stato il personaggio più difficile?
Quello più facile è stato Indaco. Indaco è quello che avrei voluto essere io alla sua età. Sempre arrabbiato, ribelle, tenebroso. Per me è stato facile da immaginare perchè rappresentava tutto quello che è stato. Ho ragionato molto su quale potesse essere il suo segreto. Racconta storie per affrontare le sue paure.
Viola è stata molto difficile: non sono stato una ragazza di quattordici anni. Non ho avuto i suoi stessi problemi se non la piscina, quell’episodio è, quasi, interamente biografico.
Marco Magnone: i sentimenti
I genitori di Viola la proteggono dalla malattia del nonno. Quanto è sbagliato tenere lontano i momenti bui dai ragazzi?
Io volevo dei genitori che non fossero cattivi, volevo che fossero persone comuni che sbagliano a fin di bene. È l’errore che ha fatto anche la letteratura per ragazzi: raccontavano che tutto avesse un lieto fine. Quello a cui servono le storie dovrebbe essere accompagnarli, poco per volta, in modo che se un domani si troveranno a vivere quelle esperienze sapranno che le cose brutte succedono, si reagisce, non ci si sente soli, non si è primi.
Il problema non è la bugia dei genitori, ma averla privata di porsi domande. I genitori, come le storie, non dovrebbero nascondere i lati negativi ma accompagnarli, dargli gli strumenti per affrontarli. Non lo fanno credo per imbarazzo, la paura di sbagliare “chiave” per affrontare determinati argomenti, quali sono le parole giuste?
Per tutte le altre interviste vi basta cliccare qui.