Intervista a Giovanni Lucchese
Ecco l’intervista a Giovanni Lucchese autore di Questo sangue non è mio (appena uscito in versione economica per Alter Ego edizioni) e de L’uccello padulo. Di entrambi i romanzi vi ho già ampiamente parlato.
Iniziamo!
Intervista a Giovanni Lucchese: i personaggi
Da Carlotta, un personaggio molto negativo, a Gianandrea che è circondato da negatività. Due protagonisti diversi, opposti. Quale è stato quello più difficile da raccontare.
Sicuramente il mondo di Carlotta ha richiesto un impegno maggiore per venire alla luce. Il modo di agire e di rapportarsi alla vita di quel personaggio sono opposti ai miei, la vediamo diversamente quasi su tutto. Immedesimarmi è stato un viaggio faticosissimo, ma anche meravigliosamente affascinante
Intervista a Giovanni Lucchese: i pregiudizi
I tuoi libri spesso vengono a mio avviso banalmente inseriti solamente nel genere LGBT. Racconti anche un mondo di emozioni negate, soffocate, distrutte che è tipico della nostra società. Cosa speri arrivi con questi due titoli.
Quando c’è un’emozione vera, una storia in cui immedesimarsi, un messaggio che passa, credo sia superfluo etichettare il tutto relegandolo a una nicchia ristretta di lettori. Il fatto che molti dei miei personaggi siano facciano parte del mondo LGBT non significa che non abbiano nulla da dire a livello universale. L’uccello Padulo soprattutto è una storia che parla di famiglia, di affetti, di comprensione a livello profondo. È assolutamente sbagliato considerarlo un romanzo di genere. Quello che vorrei è che qualcuno, leggendolo, si identificasse con i suoi personaggi e capisse cosa significa, per certe persone, essere messe alla porta da una società che sta ancora lottando per trovare la loro collocazione. Il senso di solitudine, di inadeguatezza, e il conseguente bisogno di trovare qualcuno con cui condividere i propri sentimenti. Una “famiglia” per scelta, non necessariamente quella in cui si nasce.
Intervista a Giovanni Lucchese: la crescita
Da Questo sangue non è mio a L’uccello Padulo è fuori da ogni dubbio che tu sia cresciuto stilisticamente: qual è stato il tuo percorso?
Il mio segreto è semplice: scrivere. Farlo il più possibile, sbagliare, ripetere e sbagliare di nuovo. Farlo anche quando il risultato è così lontano da sembrare irraggiungibile. Scrivere anche quando non se ne ha voglia, o quando tutti quelli che fanno questo mestiere ci sembrano più bravi di noi.
In poche parole, non arrendersi o fermarsi mai. Si cresce a piccoli passi ma bisogna farlo sempre. Lo scrittore che considera il suo uno stile collaudato e non si sforza di progredire nel suo lavoro è uno scrittore morto, a mio avviso.
In L’uccello Padulo racconti la solitudine, i bivi. Cosa ti senti di consigliare a chi sta vivendo la solitudine di Gian Andrea e non riesce a trovare il suo posto nel mondo?
Di cercare la via nei posti più inaspettati, di uscire dalla propria zona di comfort, di non dare per scontato il nostro ruolo nella società e l’ambiente che ci circonda. Muoversi, spostarsi, tenere le orecchie aperte e gli occhi spalancati.
Per citare una canzone di Bjork “tutto è pieno d’amore, siamo noi a non riceverlo”.
Puoi farci qualche spoiler sui tuoi progetti futuri?
Il mio prossimo romanzo esplorerà le ossessioni di vario tipo, e il buio che sentiamo dentro di noi quando smettiamo di credere a qualsiasi cosa.
Malgrado queste premesse si tratta di una storia molto dinamica e ricca di colpi di scena!