Avevo 15 anni di Élie Buzyn
Avevo 15 anni è il memoire di Élie Buzyn edito da Frassinelli. Ho letto questa storia a gennaio ma ho avuto bisogno di lasciarla decantare nel profondo. Quando si parla di Olocausto e campi di concentramento c’è sempre bisogno di riflettere, di lasciare lì la Storia e poi fermarsi e trarre le conclusioni.
Avevo 15 anni: riflessione
Recensire un romanzo che parla di vita vissuta è, secondo me, sempre molto difficile. Chi sono io per giudicare? Chi sono io per dire: “Ah scritto molto bene, traspariva il suo dolore”.
Nessuno.
Me lo dico da sola.
Eppure di Avevo 15 anni di Élie Buzyn qualcosa da dire c’è: quanto l’uomo può fare del bene partendo dal male che gli è stato fatto. Io non credo che al posto di Élie Buzyn avrei avuto la forza di ricostruirmi immolando la mia vita a migliorare quella degli altri. Non credo nemmeno che avrei mai più voluto parlare di quello che è successo. È la storia di coraggio, di sopravvivenza e di perdono.
In questo mémoire, molto breve, trovate tutta l’umanità che non va dimenticata. Troverete la Storia che vorremmo dimenticare e invece per evitare che l’uomo ricommetta le stesse atrocità dobbiamo urlare ancora più forte. Troverete l’umanità di chi riparte nonostante gli sia stato portato via tutto.
Sono i testimoni come Élie Buzyn che mi ricordano che l’umanità sa anche essere buona.
Avevo 15 anni: la trama
Agosto 1944. Dopo un’infanzia felice in Polonia, Élie Buzyn, a 15 anni, conosce sulla sua pelle quanto l’uomo possa essere crudele: viene deportato, i suoi famigliari vengono assassinati, viene trasferito ad Auschwitz e poi la marcia della morte fino a Buchenwald.
11 aprile 1945. Il campo viene liberato: e ora? Come può tornare alla vita? Èlie ricostruisce altrove ciò che è stato distrutto. Da Buchenwald alla Palestina, all’Algeria e infine alla Francia, il ragazzo compie il suo viaggio di ritorno dalla morte alla vita. Élie studia, si laurea in medicina, ricomincia a vivere un’esistenza piena e ricca, dedicata soprattutto a coloro che i nazisti avevano perseguitato. Dopo tanti anni, tante esistenze salvate come medico, un giorno Buzyn capisce che è arrivato il tempo di testimoniare. «Dimenticare il passato significa incoraggiare la sua ripetizione in futuro».
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