Dani Faiv: sono nato pubblico
Dani Faiv, pseudonimo di Daniele Cecconi classe 1993, ha rilasciato la seconda parte del suo disco Scusate se esistiamo qualche giorno fa. Sapete che non sono al momento pronta per recensire dei dischi. Quello che mi ha colpito però del disco di Dani Faiv è lo skit Mosche depresse letto da Filippo Giardina.
Dell’artista dietro il personaggio vi ho già parlato così come dell’arte usa e getta. Dani però qui fa un passaggio in più. Parto dalla frase finale per iniziare questa mia riflessione.
“Io sono nato pubblico e morirò pubblico”
“Sono nata lettrice e morirò lettrice” se dovessi declinarlo su di me. Resto quella che è partita dalla gavetta ascoltando, apprendendo e divorando. Sono caduta tante volte, ho salito le scale ma mi ricordo da dove vengo, mi ricordo in quale scuola media di Milano ho scoperto per la prima volta che la vita fa schifo. Mi ricordo di quando tornavo a casa con le dita ricoperte dalla colla a caldo perchè facevo le bomboniere per avere qualche euro in più in tasca. So cosa vuol dire fare la babysitter fino alle 3 di notte e avere la sveglia alle 6. Ho ben in testa il ricordo quando in tasca non avevo un euro eppure non ho mai negato una sigaretta a nessuno.
Questo mi ha ricordato quella frase di Dani Faiv. Questo mi ha fatto sentire nella bocca dello stomaco al primo ascolto. Ho messo repeat.
Gli spettatori sfruttano gli ego gonfi di artisti malati per intrattenersi, ma non li invidiano. Gli spettatori sanno bene che la vita è una merda, ma la accettano perchè non esistono mosche depresse.
Si pensa sempre che chi è famoso è anche odiato, invidiato…eppure non è così e i social lo dimostrano. L’ego dell’artista è in pasto ai suoi followers e questo non vuol dire che i suoi followers si cibino della sua arte, anzi. Spesso interessa solo il gossip, solo il dissing. Allora l’artista non può farsi vedere triste, non può mutare come essere umano perchè loro vogliono solo quello. Si cibano del suo dolore e ne vogliono sempre di più. Mosche, piccole insignificanti mosche che finiscono con l’essere schiacciate quando danno fastidio.
Tu, sei nato per essere uno spettatore, un ruolo importante, per persone consapevoli, un ruolo importante per persone consapevoli.
E l’ho riascoltato una terza. E si siamo spettatori se siamo consapevoli di esserlo perchè anche gli artisti lo sono: sono spettatori dei loro miti e così via, è un cerchio. Allora vale la pena stare tra gli spettatori? Sì, sentirsi parte di chi vuole l’arte non l’artista. Vale la pena stare dalla parte di chi si vuole cibare di bellezza e non del contorno.
Ecco quindi che tutto l’album entra perfettamente in questo discorso perchè è un album diverso, maturo non adatto ai ragazzini. È l’album di un ragazzo, mio coetaneo, che è partito dal basso e ha salito ogni scalino con la consapevolezza che se fosse caduto si sarebbe fatto male ma non arreso. Dani Faiv vuole rimanere pubblico perchè vuole sentirsi libero di esprimersi come meglio credere e sente più affine a sé. Non fa le cose per moda e non gli interessa seguire un trend per essere dimenticato. Lui vuole esprimersi, lui ha un’esigenza comunicativa che parte da dentro e vuole essere urlata. Allo stesso tempo vuole stare accanto al suo pubblico, quello che lo segue per la sua arte, non per il suo ruolo nel “rap game”.
Ascoltate Scusate se esistiamo di Dani Faiv e troverete un album maturo, riflessivo e sorprendente perchè siamo la generazione delle ansie dei genitori che prova a darsi certezze senza spegnersi.